sabato 22 novembre 2014

Workflow fotografico su linux

Nel passaggio da Mac a Windows avevo mantenuto, come programma di riferimento per lo sviluppo e la gestione delle mie immagini, Adobe Photoshop Lightroom nella versione 3 punto qualcosa. Passato definitivamente a linux (Mint 16, per la precisione) mi sono posto la domanda che molti appassionati di fotografia si pongono: che programma uso per gestire e sviluppare le mie foto?

Lightroom è leader incontrastato nel settore del workflow fotografico, la stessa Apple ha rinunciato a continuare lo sviluppo di Aperture che era un diretto concorrente nel mondo Mac; nel mondo linux molti software si fregiano del titolo di "alternativa gratuita a Lightroom", ma nei fatti le cose sono, per i miei gusti, un po' diverse.
Ho dovuto provarne tanti e diversi prima di scegliere quello "giusto" per il mio modo di operare, e nessuno ancora è, a mio parere, davvero all'altezza di Lightroom. Qualcuno però gli si avvicina più di altri, ma questo dipende soprattutto da cosa si cerca.
Io usavo Lightroom non solo per sviluppare i file raw, ma anche per gestire l'intero database di immagini che negli anni ho accumulato (circa 30.000). Lo usavo a partire dall'importazione, per poi passare alla catalogazione con parole chiave, stelline, etichette colore ed, infine, per quelle che meritavano, allo sviluppo in "camera chiara". Non necessariamente dopo lo sviluppo le esportavo, ma spesso dopo averle sviluppate secondo il mio gradimento le tenevo lì, in attesa di decidere se stamparle, metterle sul web o altro… e questo non è un particolare: molti software alternativi opensource, infatti, prevedono una sessione di sviluppo che si conclude inevitabilmente con una esportazione in jpeg o tiff: sono quindi, a mio parere, più strettamente pensati per il solo sviluppo piuttosto che la gestione. Sto parlando ad esempio di Rawtherapee, Rawstudio o Ufraw. Ottimi sviluppatori, appunto.

Un'altro aspetto a mio parere non trascurabile che un software dovrebbe avere è l'usabilità dell'interfaccia, la pulizia, ovvero le cose giuste nel posto giusto, non un marasma di icone e iconcine colorate sparse per tutto lo schermo senza un minimo di grazia. Questo mi ha portato a scartare applicazioni come Digikam, con la quale non mi sono per niente preso proprio a causa dell'interfaccia.
Tanto per intenderci, il semplice e per niente professionale Picasa, permette una gestione delle cartelle di immagini molto intuitiva ed efficace, salvo poi, ovviamente, avere ben pochi strumenti per lo sviluppo e la correzione.


Cosa rimaneva da provare? 
Forse ancora tanti, ma io mi sono soffermato su Darktable che più di altri si è ispirato al flusso di lavoro proposto da Lightroom. Non è stato amore a prima vista, o meglio, ha subito catturato la mia attenzione proprio per l'interfaccia più curata, ma ho dovuto avere la pazienza di conoscerne e approfondire alcuni aspetti prima che si instaurasse un buon feeling che adesso, finalmente, c'è.
Darktable è strutturato in quattro modalità: Tavolo luminoso, che visualizza e permette di catalogare le immagini viste come tante diapositive, Camera oscura, che è la modalità di sviluppo, c'è poi modalità Tethering e la sezione Mappa tramite la quale poter collegare immagini e luoghi.
Darktable, come molti altri software sopracitati usa un metodo non-distruttivo, cioè l'immagine originale non viene mai sovrascritta ma le modifiche vengono scritte in un file di testo, visualizzate, ma applicate solo in fase di esportazione in altro formato. C'è quindi sempre la possibilità, anche a distanza di anni, di vedere la "storia" dello sviluppo di una immagine e di tornare indietro.

Qui sotto una panoramica di Darktable in modalità "Tavolo luminoso" e "Camera oscura". 

Nel prossimo post descriverò quello che è il mio modo di lavorare, utilizzando "Stili", "Preset" e i tanti moduli di sviluppo, vero punto forte di questo software.



Nessun commento:

Posta un commento